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Come analizzare i risultati delle tue email?

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Un ragazzo sta lavorando al computer e consultando dei dati

L’ultima fase di una campagna di email marketing è l’analisi dei risultati. Quando si avvia una campagna di email marketingè essenziale monitorare costantemente le proprie strategie per migliorare eventuali punti deboli e valorizzare quelli di forza, così da aumentare la soddisfazione del cliente. Un’efficace campagna parte da una buona pianificazione, prosegue con l’invio delle comunicazioni e termina con l’analisi dei risultati. Dunque, quali sono gli strumenti necessari per analizzare i risultati, le metriche più importanti da utilizzare e le best practice per l’email marketing da adottare? Passiamole subito in rassegna.

 

Open rate, click through rate e click to open rate

L’open rate, ossia il cosiddetto tasso di apertura, rappresenta una delle metriche più utilizzate. Indica la percentuale di messaggi aperti sul totale di quelli consegnati. È calcolato esclusivamente sulle comunicazioni effettivamente recapitate. È la base da cui partire per intercettare le preferenze dei propri utenti, nonché i giorni e la miglior fascia oraria in cui spedire le comunicazioni. 

Generalmente, sono tre le variabili che influiscono sul successo di questa metrica. Il mittente, che deve essere perfettamente riconoscibile, l’oggetto della comunicazione, che dovrebbe essere formulato in modo chiaro ed accattivante, nonché il giorno in cui viene spedita la comunicazione. 

Anche il CTR, o click through rate (tasso di click), è una metrica rilevante nell’ambito dell’email marketing, poiché consente di monitorare l’engagement della campagna, misurandone il successo. La percentuale indica le email cliccate almeno una volta, sul totale delle comunicazioni consegnate (CTR) o su quelle aperte (CTOR – click through open rate). 

In sintesi, il CTR permette di capire quanti utenti aprono effettivamente la comunicazione e quanti, invece, interagiscono con il contenuto, registrando una conversione. In questo caso, coerenza tra oggetto e contenuto dell’email, pertinenza con il target ed efficacia di copy e grafica giocano un ruolo fondamentale. 

 

Ulteriori metriche

Conversion rate: quanto conta monitorare il tasso di conversione degli utenti 

Un’altra fra le metriche più importanti, che offre una serie di indicazioni utili per valutare l’interesse degli utenti in relazione a prodotti/servizi offerti è il conversion rate, o tasso di conversione: utile a mostrare quanti utenti hanno effettivamente portato a termine l’azione progettata dal mittente.

Quando si lancia una campagna di marketing, del resto, occorre fissare un obiettivo concreto da raggiungere, che coincide con l’azione che l’utente è chiamato a svolgere (scaricare un documento, compilare un form o acquistare un prodotto). 

Per aumentare il conversion rate, il consiglio è quello di lavorare sulla qualità delle CTA utilizzate. Occorre testarle costantemente, così da capire quale sia quella che garantisce le performance migliori.  

 

Spam score: come evitare di finire nella posta indesiderata

Attenzione però, talvolta può capitare che, quando si inviano delle comunicazioni, alcune di esse vengano filtrate e vadano a finire nella casella degli spam, con il rischio che non vengano lette dal destinatario. Quali sono le ragioni che portano a questa situazione?

  • L’eccessivo stress del database, causato da un invio frequente di email e comunicazioni;

  • L’utilizzo di un database datato e obsoleto;

  • La mancanza del link di cancellazione;

  • Un’evidente sproporzione tra testo e immagine

Come evitare di finire in spam? In questo caso occorre fare una precisazione, introducendo il concetto di deliverability. È la capacità delle email di raggiungere l’inbox dei destinatari, superando filtri e blocchi impostati da parte dei fornitori di posta elettronica, dai sistemi anti-spam o dai singoli contatti.

Oggi, la deliverability rappresenta un’autentica sfida, in quanto solo una su cinque email inviate raggiunge effettivamente il destinatario. Il processo di deliverability coinvolge quattro attori principali:

  1. Il mittente e la sua strategia di email marketing (acquisizione e gestione dei contatti, contenuti, volumi, frequenza). 

  2. Un Email Service Provider (ESP) che deve garantire requisiti tecnici e funzionalità necessari per una corretta gestione della deliverability.

  3. Internet Service Provider (ISP) e strutture genericamente correlate (filtri anti-spam, Blacklist). Utilizzano algoritmi sempre più raffinati per segnalare i messaggi non appropriati e per identificare chi fa spam. Non valutano esclusivamente i contenuti e i requisiti tecnici, ma anche la frequenza, i volumi e soprattutto il comportamento dei destinatari.

  4. Destinatario, che può riconoscere o meno il mittente, accettare il messaggio come desiderato o segnalarlo come spam.

 

Delivery rate e bounce rate 

Ritornando alle metriche principali che consentono di analizzare i risultati delle proprie email, occorre fare riferimento anche al delivery rate o tasso di consegna. Non è altro che il numero di email consegnate su quelle inviate, ovvero la percentuale di comunicazioni recapitate al destinatario. 

Le piattaforme di email marketing riescono a rilevare le risposte dei server riceventi, ma non la corretta categorizzazione del messaggio nella inbox o nelle caselle spam. La capacità di recapitare le comunicazioni, dunque, non deriva soltanto dalla piattaforma di spedizione impiegata, ma anche dal mittente e dall’Internet Server Provider. 

Al contrario, la metrica che misura tutti i messaggi non consegnati è chiamata bounce rate, o tasso di rimbalzo. Perché occorre monitorare costantemente questo dato? Il motivo è semplice, consente non solo di tutelare la propria reputazione presso gli Internet Service Provider, ma anche di mantenere la propria lista di contatti pulita. È bene ricordare, poi, che gli errori bounce si classificano in due tipologie:

  • Hard bounce. È un errore permanente, che si verifica quando all’interno del database si ha un indirizzo errato, bloccato o inesistente, dovuto ad un malfunzionamento del server di destinazione. 

  • Soft bounce. Si tratta in questo caso di un errore temporaneo, provocato da un malfunzionamento dell’Email Service Provider per un determinato periodo. Le cause all’origine di un soft bounce possono essere molteplici. Il problema, infatti, può riguardare sia il mittente (allegati troppo pesanti, mittente identificato come spammer) che il destinatario (servizio di posta non disponibile, casella di posta piena) oppure, ancora, essere dovuto a problemi tecnici temporanei. 

Vi sono alcune best practice da seguire per migliorare il proprio delivery rate. Tanto per cominciare, occorre eliminare tutti i contatti che generano hard bounce e non comprare liste da terzi. Dopodiché, è essenziale prediligere il double opt-in per i form, ossia un metodo di raccolta dati che prevede un secondo passaggio per confermare l’iscrizione. In sostanza, serve per accertarsi che l’indirizzo email inserito sia valido. 

 

È essenziale monitorare il tasso di disiscrizione dell’email

Controllare il tasso di disiscrizione, o unsubscribe rate, è importante per migliorare il delivery rate e per mettere di trovare il giusto equilibrio tra il target, il contenuto delle comunicazioni e la frequenza di invio. 

È un dato che indica la percentuale di utenti che decidono autonomamente di non ricevere più le comunicazioni. Se Il valore è piuttosto basso, significa che gli utenti sono fidelizzati. Al contrario, quando il numero diventa troppo alto, è bene indagare sul problema al fine di capirne la motivazione. 

Naturalmente, le cause di disiscrizione possono essere diverse, si va, ad esempio, dal timing sbagliato di invio delle comunicazioni alla frequenza con cui vengono effettivamente mandate. Per evitare questa spiacevole situazione vi sono alcune azioni da mettere in atto. Innanzitutto, è bene chiedere un feedback ai propri utenti. E poi, oltre a migliorare i contenuti delle email, potrebbe essere utile fare un’offerta personalizzata per cercare di attirare i contatti che da tempo non interagiscono. 

Device score e engagement score, le ultime metriche per implementare le comunicazioni 

Passiamo ora alle ultime due metriche che permettono di analizzare i risultati delle proprie email. Partiamo dal device score. Gli utenti, per leggere i messaggi, possono utilizzare piattaforme diverse: mobile, tablet o desktop. Conoscere quest’informazione è di fondamentale importanza, perché consente di elaborare strategie di comunicazione più efficaci. 

Quanto, infine, all’engagement score, permette di valutare il trend di interesse rispetto alle proprie comunicazioni così da mettere in atto eventuali azioni migliorative. Semplicemente, si calcola indicando la percentuale di persone che aprono e cliccano sul numero totale di iscritti al database. L’engagement score offre la possibilità di classificare i contatti in diverse categorie:

  • Clickers: utenti fidelizzati, che hanno cliccato almeno una volta l’email;

  • Openers: coloro che hanno aperto l’email ma non l’hanno letta nel periodo in esame;

  • New-openers: nuovi contatti che hanno ricevuto la prima comunicazione ma non l’hanno ancora aperta o cliccata;

  • Ex-openers: coloro che aprivano o cliccavano l’email in passato, ma non nel periodo coinvolto;

  • Never-openers: gli utenti che non hanno mai cliccato o aperto alcuna comunicazione.

 

Possiamo concludere affermando che monitorare l’engagement score rappresenta una pratica indispensabile, che permette di filtrare i contatti e creare gruppi distinti, oppure può risultare utile per cercare di mettere in atto una strategia con l’obiettivo di recuperare gli utenti inattivi e decidere se cancellarli. 

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